Numeri e incertezza?
Ma cosa c’è di più certo che un numero?
La nostra civiltà si basa (quasi) interamente sui numeri, e non appena desideriamo dar forza ai nostri argomenti li appoggiamo su dati certi. Numerici.
Le altre persone, vedendo quei numeri, ne ricaverà la sensazione che non stiamo parlando a vanvera.
Insomma: i numeri hanno un peso.
Del resto ci sono pochi dubbi, tra i più, che sommando 1 Euro ad 1 Euro si ottengono 2 Euro: lo abbiamo imparato sin dalla scuola primaria, “è così”, e non potrebbe proprio essere altrimenti.
La Fisica, e la Meteorologia che ne fa parte, è una disciplina molto matematizzata, e non potrebbe esistere così come la conosciamo oggi senza numeri, e formule, e concettosi non di rado elevati.
Nondimeno, sarà accaduto anche a voi di partecipare ad una commissione di laurea, e vedere qualcosa del genere:
Un grafico, si dice spesso, vale mille parole. E questo (non scendiamo nei dettagli di quello che potrebbe significare) non fa eccezione: rappresenta la relazione tra due grandezze numeriche in modo pulito, preciso, ben determinato.
O almeno da questa impressione a una persona che non conosca i dettagli e i retroscena.
Ma se I retroscena li conosci, sai che quel grafico rappresenta una semplificazione. Che la realtà, invece, è questa:
La curva è esattamente la stessa di prima, solo che adesso le vediamo sovrapposte delle barrette: queste rappresentano la “banda di errore” (facciamo finta, nel caso, che sia delimitata dai due “quartili principali”, il 25° ed il 75° – il rombetto rappresenta la posizione della mediana).
Le bande di errore ci trasmettono un’altra informazione importantissima, che prima non era molto evidente: la curva appariva continua, e così sembrava che per ogni istante di tempo fosse esattamente noto il valore della corrispondente variabile dipendente. Ma adesso possiamo intuire che, in realtà, la variabile dipendente ha un valore noto soltanto in alcuni punti – la curva continua era stata ottenuta, probabilmente, con una procedura di interpolazione.
E così, mi capitasse di partecipare a una commissione di laurea, e vedessi una curva continua senza bande di errore, verrei immediatamente morsicata da una curiosità insopprimibile: cosa vuol dire, esattamente, il grafico? Com’è stato ottenuto?
La mia reazione (pavloviana) è, a quel punto, di fare una domanda. Non cattiva: solo, di curiosità. Ma sappiate che la farò 🤭 (come stavo cercando di dire, è una cosa più forte di me).
Perché, le bande di incertezza?
Per tantissime ragioni, che non si escludono a vicenda.
Per esempio, una grandezza può essere il risultato di una misura, e tutte le misure sono incerte per definizione – in questo caso precisione e accuratezza dello strumento hanno un’importanza capitale.
Oppure, la grandezza è stata ottenuta tramite una stima, applicando una qualche formula. In questo caso potrebbe essere addirittura difficile identificare una banda di incertezza.
Oppure ancora, mi sono sbagliata io: può accadere anche questo, e non è il caso, dovesse accadere, di difendere ad oltranza un errore per non perdere la faccia: sbagliare è umano, l’importante è correggersi dopo.
Quali che siano le cause, l’incertezza esiste.
E se poi le grandezze che sappiamo incerte finiscono in un calcolo, allora anche l’incertezza si propaga e può amplificarsi. Come in questo caso:
In questo caso, la lettera “epsilon minuscola” che vediamo rappresenta una quantificazione dell’incertezza.
Cosa molto interessante e carina, dal punto di vista della propagazione dell’incertezza non tutti i calcoli sono uguali. Alcuni, come la somma di due quantità positive, sono “buoni”. Altri, invece, sono pestiferi: un caso classico è la differenza tra due valori positivi molto vicini l’uno all’altro.
Ma se I numeri sono incerti, allora non possiamo essere sicure di niente?
Be’, non siamo proprio a questo punto: se l’incertezza è abbastanza piccola (l’abbastanza lo decide, in pratica, il contesto), allora ha senso fare affermazioni sensate anche basandole su numeri “un po’ incerti”.
Mi rendo conto: non è una cosa facilissima da digerire. Ma nella realtà fisica, e meteorologica in particolare, le cose stanno così. Possiamo conviverci, ma non evitare la cosa.
Personalmente, credo che la radice del problema non stia tanto nella Fisica, o nella Matematica, o nella poca abitudine dei e delle più a ragionare in termini probabilistici: ritengo sia, invece, emotiva. Ha a che vedere con il fatto che taluni numeri, i primi che abbiamo incontrato da bambine e bambini, erano per loro natura certi: costi, o numeri di oggetti. Quelli che dobbiamo usare poi, da grandi, hanno una natura più complessa.
Credo che la questione dell’incertezza possa anche farci riflettere su un tema ai confini con la Filosofia.
Si sente spesso dire che “il Mondo è matematico”. A dirlo sono, molto spesso, persone versate nella Fisica (qualche volta, molto più raramente, nella Matematica).
In effetti, molta della Fisica oggi è presentata tramite formule, non di rado molto complicate.
Queste formule hanno, di regola, un’efficacia molto grande (anche se non “totale” – ogni tanto si scoprono scostamenti che possono aprire la strada a cambiamenti epocali di paradigma, come nel passaggio dalla Meccanica Classica alla Relatività Generale). Talmente grande, da conferire ad esse persino, a volte, una capacità predittiva degna di nota, tanto grande da farcele imprimere nella memoria.
Eppure, non dobbiamo dimenticare nemmeno per un nanosecondo che tutte queste formule bellissime, apparentemente categoriche, sono approssimazioni. Modelli. Creazioni umane, astute quanto vogliamo. Rappresentazioni semplificate della realtà (quanto semplificate, e in che direzione, dipende dall’agenda di chi le ha inventate).
Constatato questo piccolo fatto, ecco che la relazione tra Matematica e Mondo Naturale perde molto del suo mistero: magari, più che un enigma, abbiamo a fare con un piccolo malinteso…
(Molto, ma non tutto: che dire, per esempio, della corrispondenza tra simmetrie e leggi di conservazione scoperta da Emmy Nöther nella prima metà del secolo scorso? Questa cosa non smette di riempirmi di sorpresa meraviglia, e sta lì a dirmi che ogni mia eventuale frase categorica sulla non-matematicità del Mondo potrebbe, in fondo, essere troppo categorica.
Ma che robe complicate… Forse sarà il caso di riprendere la cosa in seguito, in qualche altro articolato, se avrò la forza di scriverlo.
Per adesso, direi, chiudiamo qui.
Ma spero, insieme a qualche dubbio, d’avervi trasmesso un pochino di quel senso di meraviglia molto umana, feltrata, imperfetta e perciò indefinitamente migliorabile, che è la descrizione del nostro mondo fisico.
A cominciare, appunto, dalle vicende intricate e bellissime dell’atmosfera.